L’azione eretica dello scrivere poesie, oggi.
È difficile parlare di versi in un’ecumene sprecona e volta al facile arricchimento, allo spread, alla sfacciata presunzione di onnipotenza, ma, grazie a Dio, la Poesia sopravvive ancora alla superficiale sbadataggine dei tempi. Oggi lo scrivere poesie è un’azione eretica non solo perché dissacratoria ed irriverente della banalità dilagante, del fuoco fatuo che avvampa i corpi e i fianchi di un’umanità smarrita ma anche perché è azione asincrona sullo scialbo modo di vivere, copiato, imitato e condiviso da moltitudini di genti. Inoltre, la pratica del versificare, in molti casi ricorrenti, è volutamente relegata, da quelle famose moltitudini di cui sopra, a secondaria valenza; essa viene considerata come un’abitudine sciocca, una sorta di masturbazione mentale, che bisogna esecrare con ogni sforzo. Nella gretta mentalità del “comune mortale” un’operazione di riflessione intima, nell’intento di cogliere l’attimo corale o la quintessenza, latente ma viva, del nostro animo che possa rendere, alla fine, testimonianza di ciò che è o che può essere, è una banale perdita di tempo. Il poeta è un debole, non fa parte della collettività omologata del Terzo Millennio, non può farne parte, ripeto, almeno in apparenza, perché non la pensa come gli altri, è strano, magari appartato nelle stanze solitarie del suo pensiero, è guardato a vista quasi fosse un appestato. Poi, quando l’interlocutore lo sente dire “Sai, mi è venuta in mente una poesia e l’ho scritta” od altra espressione similare, lo guarda in faccia, con disgusto e ribrezzo, rispondendo di rimando “Pure tu come quelli che scrivono le poesie!” e, nel contempo, sul viso gli si spalanca la bocca a formare un riso sardonico che inneggia all’ignoranza. Meglio guardare alla pragmaticità delle cose, alla vita reale che si deve fronteggiare con maschio coraggio al fine di imporsi, di vincere sulla complessità del quotidiano e per dire a se stessi “Vivo, quindi, domino la realtà, anzi predomino sul ring di ogni giorno e posso benissimo essere l’attore indiscusso di me stesso”. Sì, così, si fornisce, magari, il solito modello, un bell’esempio di “leader sociale” da emulare, di maschio alfa che non si lascia sbranare dalla complessità odierna, di protagonista inossidabile agli altri individui conosciuti sui social, sul posto di lavoro, in azienda, al bar o in pizzeria, nel quartiere, nell’ottica dell’interminabile sfida, fine a se stessa, condivisa nella sempre più dilatata platea di “ammiratori”, cioè quelli che esprimono i “mi piace” ovunque e comunque. Quindi, cosa farne di questa poesia? Mah, roba da femminucce! Insomma, ciò che occorre, adesso e non domani, è la capitalizzazione del successo, virile in tutte le sue forme e in ogni settore della vita associata, occorre avere una torma di emulatori che, oggi, vista la società che ci ritroviamo, non debbono mancare mai, anzi guai a non averli. In questo modo, si concretizza una profonda vacuità dei rapporti umani che invita al perpetuarsi di una virtualità come nuovo disvalore sociale. È così che si apre la voragine, incolmabile, sulla poesia, ormai inutile. Menomale che le cose non vanno sempre così e mai generalizzare a priori. Esiste un’increspatura nella monotona superficie delle acque, c’è una nicchia di pensiero che assurge a valore culturale assoluto: lì si rifugia, si annida pure la Poesia. Ma la Poesia è cultura, non conosce limiti, è più utile di quanto non si possa ritenere, morde gli anni che scorrono, nasce, rinasce, custodisce in sè l’originaria favilla che ha acceso il fuoco dell’uomo alla sua comparsa sulla Terra, non delude mai nessuno, è somma educatrice del cuore e guida nella notte più buia e tetra, è il Pianeta delle Meraviglie capace di stupire chiunque con folgorazioni improvvise. Dopo, a distanza di tempo, ti accorgi che quelli che si sentivano “veri uomini”, d’un tratto, si scoprono poeti, ripescano dal fondo del pozzo dove hanno, finora, vissuto una sensibilità recondita nel loro Io e cominciano a masticare versi su versi. Essi capiscono che senza la poesia è impossibile o quanto meno arduo percepire l’unicità del mondo. Ora, a mio modesto parere, la poesia è già realtà, è assidua compagna della nostra esperienza e non possiamo negarlo; la rinveniamo in qualsiasi aspetto, in ogni passo lungo il nostro cammino terreno: uno scatto fotografico che immortala un paesaggio del giorno morente, lo sguardo di una madre, un manifesto colorato di réclame affisso in una squallida strada di periferia, uno slogan rivisitato sulla scorta di un famoso verso di un autore del passato, etc. etc. Tutto si può trasfigurare in poesia come il fatto stesso di essere qui, in questo preciso istante, e di assistere all’alternarsi del giorno e della notte, alla follia del vento o ancora nell’ascoltare le fusa del vecchio gattone soriano accoccolato sulle gambe. Io ho creduto nella Poesia fin da bambino, sono cresciuto al suono della sua nenia e mille volte sette crederò. Spesso, ho fatto finta di cambiare rotta e di dimenticarla, ma, ciclicamente Lei mi ha ritrovato e siamo andati avanti mano nella mano. E non chiedetemi quale celebre autore sia stato la fonte della mia ispirazione perché credo proprio di non potervi rispondere. Classici, moderni e contemporanei sono miei amici e fratelli. Nessuno escluso. Da loro non cerco lo spunto, ma quel poco che scrivo viene da sé, è come un impulso irrefrenabile a dare testimonianza di quel che porto con me e non posso farci nulla, fa parte di me. C’è chi si vanta di essere, con prosopopea e millanteria, il poeta dei poeti: ciò suscita in me un riso sonoro. La Poesia è un’orma del proprio cammino, non può essere finzione o trucco, è un’arma potente che scaglia dardi di pace, di fuoco, di petali, è una maestra che, con verdeggianti parole, insegna la decorosa Modestia. È con tali semplici intendimenti che ho aderito alla pubblicazione dell’Enciclopedia di poesia italiana contemporanea, ottavo volume dell’ edizione 2017. Tre mie poesie partecipano allo straordinario ed inedito progetto culturale di dar voce a poeti di diversa estrazione sociale, da tutte le regioni della nostra Italia. Poeti che stazionano nel Limbo della scarsa visibilità, della poca o discreta notorietà, ma che consolidano il ruolo alto della Poesia come materia viva, immortale di un patrimonio comune agli uomini di buona volontà. Insomma, un coro unanime che esalta la Poesia come scenario naturale di sensazioni, di sentimenti, di immagini, denunce e testimonianze che affondano le radici nell’humus pulsante di una contemporaneità che ha fermezza, ragione, fede e speranza nel senso dell’esistenza. Sono lieto ed orgoglioso di esserci anch’io, per l’ennesima volta.
Post scriptum
Così riferisce sull’opera il curatore dell’edizione, Mattia Leombruno, della Fondazione Mario Luzi: “Ormai da diversi anni l'”Enciclopedia di Poesia Italiana contemporanea” è il volume ufficiale interamente dedicato al settore poetico in Italia. L’opera contenuta in questo corposo tomo costituisce un’ampia documentazione della poesia contemporanea rivelandosi una testimonianza storica, culturale e sociale del settore in Italia. La vasta opera ospita autori accuratamente selezionati su oltre 7000 partecipanti al Premio Internazionale Mario Luzi. La collana è ideata e diretta da Mattia Leombruno che la definisce così: “Questa Enciclopedia – unica nel suo genere e soprattutto così variegata, molteplice ed ampia – possiede qualcosa di molto nobile ed ambizioso. Nulla di analogo è stato infatti mai tentato: di mettere liberamente insieme autori fra loro così diversi per stile e generazione, di unire cioè il molteplice e farne il grande criterio di fratellanza umana e letteraria nel nome delle più alte ispirazioni poetiche. Il criterio di selezione che è stato scelto prescinde dalla notorietà degli autori e tiene soprattutto conto del valore reale delle opere.”
Salemi, 31 gennaio 2019, alle 13:50
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