Il Moro degli Osagi (Maclura pomifera ): peculiarità e origini
Spesso, lungo i nostri passi distratti, non curiamo di alzare gli occhi e, quindi, non ci accorgiamo di taluni dettagli, di certi aspetti curiosi ed interessanti che stanno lì, sopra la nostra testa, in attesa di essere svelati. Siamo troppo ancorati al suolo, alla gravosa gravità, alle consuetudini, alla quotidianità delle visioni e così appiattiamo la nostra capacità di osservazione. Ebbene, qualche anno fa, volgendo lo sguardo verso l’alto, durante una passeggiata in quel di San Ciro di Salemi, feci conoscenza con l’albero…delle palle! In tale maniera, lo chiama chi non ha voglia di approfondire origine o aspetti inediti che lo riguardano. No, l’albero con le palle è davvero un’espressione impropria e, poi, diciamo pure, ehm…non mi sembra proprio il caso di affibbiare altrui attributi ad una singolare specie vegetale. E’ da un po’ che vorrei parlarne e, visto che mi sono ritagliato un mio spazio di approfondimento e di scrittura personale, lo faccio adesso. Sto parlando di una particolare pianta arborea che, addirittura, proviene dagli Stati Uniti d’America e già questo aspetto mi incuriosisce a mai finire. Che diamine ci fa questo albero americano nella Sicilia occidentale, qui, a San Ciro di Salemi? Vediamo un po’. Innanzitutto, la pianta sotto i riflettori è la Maclura pomifera, conosciuta pure come Maclura aurantiaca. Però, non è l’unico nome che gli viene assegnato; infatti, l’albero “con le palle” (e ci risiamo!) viene appellato anche Moro degli Osagi. Un momento! Ma gli Osage non sono, forse, gli indiani nativi d’America che sono apparentati con i famosi Sioux? Eh, già, mi sa tanto di sì! Allora, quando per la prima volta, mi capitò di raccogliere quel frutto rotondeggiante della Maclura, la mia fantasia si spinse oltre. Questa sorta di bacca appiccicosa (che è definibile come sorosio) di grandi dimensioni, con un denso succo lattiginoso, mi ricordò subito l’immagine del nostro cervello, ricco di lobi, e mi portò idealmente nella tribù degli Osage, là nel Missouri, e li vidi utilizzare i flessibili rami della Maclura per la realizzazione dei loro strumenti di caccia, quei micidiali archi e, poi, tingersi il volto di uno strano pigmento che essi riuscivano ad estrarre dalla corteccia di questa, solo in apparenza, insignificante pianta. Beh, insignificante non direi, visto che svetta fino all’altezza di quasi venti metri dal suolo. Va detto anche che il frutto prodotto dall’albero dell’arco, come viene denominato volgarmente nel Lazio, una specie di arancia verde che sembra appartenere ad un mondo alieno, non è commestibile. Oltre a ciò, forse per via di tali insoliti frutti, è chiamata Moro, poiché è stata classificata nella famiglia delle Moracee, per intenderci, la medesima cui appartengono il fico comune o il gelso: Anzi, con quest’ultimo, la Maclura condivide un uso antico quanto il Creato, cioè quello di fornire cibo al celeberrimo baco da seta (Bombyx mori). Comunque, tale destinazione d’uso non risultò redditizio e presto fu tralasciato e la Maclura venne adoperata, come lo è tuttora, per abbellire i grandi giardini delle ville nobiliari o i viali di taluni parchi monumentali. A quanto pare, la pianta arrivò in Europa tra il 1818 e il 1830 e, nella nostra penisola, si diffuse, in modo particolare, nel centro – nord. Altre curiose peculiarità che ho scoperto sul Moro degli Osagi è quella che riguarda i semi contenuti nel suo frutto, che costituiscono un ottimo cibo per gli allegri scoiattoli. E, ancora, il pigmento, cui accennavo poco prima, che si può estrarre dalla corteccia dell’albero, veniva impiegato per la tinta color kaki delle divise dei soldati americani, durante il secondo e tragico conflitto mondiale. Inoltre, non posso non citare gli altri curiosi nomi che sono stati attribuiti al Moro degli Osagi: gelso da siepi (poiché la Maclura, tra le altre cose, è pure usata per alte ed impenetrabili recinzioni vegetali tra i fondi rustici), bodark, palla di scimmia. Sono conosciuti altri impieghi officinali, di cui non è mia intenzione trattare in questa sede. Quanta strada ha fatto la Maclura, se è vero com’è vero che l’ho ritrovata dalle mie parti! Tuttavia, la condizione di graduale abbandono in cui versa, oggi, mi preoccupa. Sì, perché, nonostante la sua pregevole valenza esotica, la Maclura pomifera sta per essere annoverata nel mesto elenco degli alberi in estinzione, almeno si spera, limitatamente alla vecchia Europa. Che autentico peccato!
Gioacchino Di Bella
Salemi, 30 novembre 2020
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