La fiera aquila normanna salemitana
Il forestiero curioso, una volta giunto in quello spazio, che è definito per consolidata tradizione popolare il “cuore sociale” salemitano, ossia la scarna e quasi spoglia Piazza Libertà, se vuole scovare, tra le viuzze di Salemi, il Palazzo di Città deve percorrere la stretta via Giovanni Amendola e, alla fine, confluire nella piccola piazza Dittatura. Proprio qui, in un angolo quasi appartato del “salotto cittadino”, svetta il Palazzo Municipale, un edificio pregno di storia risorgimentale e amato da ogni salemitano d.o.c. In ogni caso, Il Municipio, che, da parecchi anni, non ospita più gli uffici comunali e la sede storica del primo cittadino, domina la scena con la sua elegante e, nel contempo, sobria facciata. Ebbene, sulla fronte della struttura, probabilmente settecentesca, oltre alle armoniose lesene con capitelli di foggia ionica e piacevoli modanature che corrono lungo l’intero prospetto, spicca chiaramente l’emblema della città: una magnifica e superba aquila coronata che mostra in un cuore palpitante le vestigia tramandate da genti che hanno calcato le terre di Salemi, ossia uno scudo che racchiude l’imponente mastio di origine araba – normanna. Invece, nel gonfalone cittadino il suddetto scudo viene contornato da rami decussati di quercia (forse testimonianza di remoto valore e forza d’animo di una gente orgogliosa delle proprie solide radici) e alloro (quasi a significare i fasti e il lustro racimolati nei secoli, ma che, purtroppo, sono stati offuscati dalle crisi politiche ed economiche dei tempi moderni che hanno determinato la marginalità soprattutto delle periferie italiane). Dunque, il sito, come dicevo prima, è permeato di storia nella sua Giuseppe Garibaldi, sembrano ancora riecheggiare nell’aria del vespro, nonostante siano trascorsi ben 158 anni dal quel famoso giorno, il 14 maggio 1860. In effetti, dal balcone del palazzo municipale, Garibaldi proclamò la Dittatura, ossia l’atto ufficiale di accentramento nelle mani del Generale, in maniera straordinaria e pur sempre temporanea, di tutti i poteri, in rappresentanza del sovrano sabaudo Vittorio Emanuele II. Insomma, Garibaldi, quel famoso lunedì del 14 maggio 1860, con il suo proclama, qui emanato, si dichiarò “Comandante in capo le forze nazionali in Sicilia” e assunse “nel nome di Vittorio Emmanuele Re d’Italia, la Dittatura in Sicilia”. Inoltre, come conseguenza di ciò, tra l’acclamazione della folla vociante, Garibaldi issò da sé, sulla torre rotonda del mastio arabo – normanno la nostra bandiera verde, bianca e rossa, e, quasi precorrendo quel giorno torinese del 17 marzo 1861, dichiarò Salemi quale “prima capitale d’Italia”, solo per un giorno e non di più. Proprio dalla Dittatura di Garibaldi in Salemi ha poi preso l’esclusiva denominazione (davvero unica in tutta Italia!) la piazza su cui il Municipio da secoli si affaccia. Ma tutto ciò è ampiamente risaputo o, almeno lo spero.
Salemi, 11 Mar 2018 alle 15:54
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