Questo mio lembo di magnifica terra siciliana, posto ai confini occidentali della penisola italiana è di una bellezza inaudita. Non è un’affermazione di tronfio sapore campanilistico, ma è la realtà delle cose. Ora, tralasciando le iniziali note trionfali, nella stagione estiva, mi capita di pensare, sovente, a quel che pensa un qualsiasi buon turista che decida di venirci a trovare proprio qui, nella Sicilia occidentale. Ebbene, il turista che fa scalo a Palermo, già entusiasta dopo aver ammirato dall’oblò dell’aereo, lo splendido mare blu, le insenature e le barchette dei pescatori al largo, scende impaziente e non appena tocca piedi crede di trovarsi ai Caraibi, però, dagli approcci appena avuti, qualcosa non gli torna. Comunque sia, egli non deve far altro che noleggiare una berlina o Suv che dir si voglia, mettersi a bordo, seguire le discrete indicazioni stradali e il serpentone della A29 lo guiderà lungo un itinerario già naturalmente tracciato. Sì, perché la A29 è la via d’accesso alle nostre ridenti località, snocciolate lungo la costa e l’arteria autostradale, che, di certo, ottima non è, ma può considerarsi suppergiù funzionale allo scopo di introdurre in provincia il visitatore. E, allora, alla vista del turista, che, nel frattempo, abbiamo idealmente chiamato Wolfang, e che abbiamo lasciato poco fa a bordo della sua auto appena noleggiata, passano in rassegna luoghi tristemente famosi come il tratto autostradale ove è stato eretto il monumento che ricorda la strage di Capaci (ed è lì che, pigiando un po’ di più il pedale dell’acceleratore, a Wolfang corre un brivido lungo tutta la schiena e gli si rizzano i peli delle gambe) e quelle amenità naturalistiche che portano il nome di Isola delle Femmine, il Golfo di Castellammare, il Monte Inici, le campagne solatie, affollate di verdi filari di vitigni pregiati e di uliveti, pronti, in breve lasso di tempo, a elargire un olio così sapido da far venire l’acquolina a buongustai di ogni dove, un olio che insaporirà pietanze, intingoli e bruschette a iosa. E fin qua, va tutto abbastanza bene. Sì, perché vorremo che la vista del famoso turista si soffermasse solo ad una certa altezza dal suolo. Ma, malauguratamente, egli spazierà con lo sguardo a notare e registrare nella mente, e non solo, le innumerevoli brutture del nostro territorio. E siamo solo all’inizio della sua permanenza siciliana. Wolfang sicuramente resterà sbalordito nello scorgere, dal suo finestrino, le squadre di bravissimi Vigili del Fuoco, allarmati dalle alte lingue di fuoco che divampano e divorano i rovi e le sterpaglie dalle scarpate contigue all’autostrada, e che, con coraggio e sangue freddo riescono a domare un oceano di fiamme e roghi. Ed ecco che l’idillio va in fumo insieme alle erbacce che stanno puntualmente in bella mostra e la fanno da padrone negli spartitraffico, ai margini della recinzione, e delle carreggiate d’asfalto consunto.
E il nostro Wolfang annoterà sul suo taccuino di viaggio, sì perché qualcuno, grazie a Dio, ancora scrive sui taccuini, commenti su impressioni con tanto di valutazione che, a malapena, sfiorerà la sufficienza. In uno di questi commenti, magari ci sarà scritto che “quelle stupende praterie di papaveri che incorniciavano romanticamente gli scatti dei miei amici che, a primavera, hanno visitato questa parte della Sicilia e che mi hanno invogliato ad intraprendere questo mio viaggio, adesso, hanno lasciato il posto agli arbusti spinosi e ad interi ettari di sterpi”. Forse avrà esagerato con gli “ettari di sterpi”? Mah… Ad ogni buon conto, il celeberrimo turista Wolfang, che, dopo aver visitato Segesta, Selinunte, Mothia, lo Stagnone, le Egadi, il capoluogo provinciale, San Vito Lo Capo, Makari, e le solite località (per carità, senza nulla togliere alle Egadi, a Trapani e ai siti archeologici della provincia trapanese e compagnia bella, ci mancherebbe altro!!) che le agenzie turistiche e tour operator propongono come pacchetto fisso e senza aver potuto apprezzare, ve la butto là, escludendo volutamente i preamboli, che so io, il magnifico castello arabo – normanno di Salemi e il Museo della mia città e gli scavi di Mokarta, avrà un sussulto emotivo nel rivedere, lungo la A29 che lo condurrà all’aeroporto Falcone – Borsellino, ampie radure di campagne e di costa, devastate dagli incendi che gentili manine dolose hanno, con infinito affetto, provocato. E, ancora, prima di entrare nella pancia del suo aereo, Wolfang alzerà gli occhi verso l’azzurro cielo siciliano e noterà un andirivieni assillante di Canadair, nervosi al pari di uno sciame di calabroni, calarsi fin sulla superficie del golfo di Cinisi a rifornirsi di acqua per poi rialzarsi prontamente in volo: “Sarà mica un’esercitazione?” pensa il nostro Wolfang. Eh, no, caro il mio Wolfang! La vedi, laggiù, quella colonna di acre fumo, sì proprio in direzione di quella magnifica riserva che si chiama Zingaro, dove hai fatto la tua ultima escursione in terra trapanese e dove ti è mancato il fiato al cospetto della bellezza delle cale e della biodiversità che racchiudeva? Già, caro mio, è la solita triste storia degli incendi dolosi che riscrive amare pagine in ogni estate, a queste infuocate latitudini. E, mentre il portellone della carlinga si richiude, Wolfang, nel suo taccuino di viaggio, i cui appunti confluiranno nel suo famosissimo blog di fotografia e viaggi europei, annoterà il titolo del suo prossimo articolo, che, semplicemente, descriverà la Sicilia occidentale con il titolo “Medaglie e sterpaglie”. Eh, sì, uno dei punti dolenti delle nostre afose estati sono proprio, indovinate un po’, le arcinote sterpaglie. Sterpaglie, sporcizia gratuita e degrado ovunque e dove non ti aspetti, dietro casa tua, a due metri di distanza dalle piazze, nelle stesse piazze, nelle contrade. Sterpaglie e ancora sterpaglie. Non possiamo immaginare che si ripuliscano solamente i cigli delle autostrade e di qualche tratto delle strade provinciali e statali o alcune vie del centro più frequentate rispetto al quartiere periferico. L’errore sta lì, in tutta la sua drammatica urgenza. No, non possiamo, sempre ed ogni anno, prestare il fianco ad un’assurda vulnerabilità. No, non possiamo pensare di poter pianificare la discerbatura delle strade e degli spazi a giugno inoltrato, sotto la sferza della canicola. E’ un errore che non dobbiamo più compiere. Il pericolo di devastazione, dovuta ai manigoldi del fiammifero, è fin troppo alto. Troppe le sterpaglie, poca cura per il territorio vanno a braccetto con i troppi incendi estivi e con il conseguente declassamento turistico. È ora di smetterla di nascondere la testa sotto la sabbia come gli struzzi. Il turista, lo sappiamo bene, spesso e più di quanto non si creda, vuole immergersi autonomamente nella bellezza naturalistica del territorio, vuole degustare il pani cunzatu, ma vuole anche apprezzare il valore e l’autenticità delle nostre terre, che gli dispensano sul piatto quel bendidìo e noi dobbiamo essere pronti ad offrire decenza e rispetto dei nostri contesti, dobbiamo offrire la parte migliore di noi, se proprio vogliamo vantarci di essere la perla del Mediterraneo. Tuttavia, credo che siamo soprattutto noi che viviamo in questa straordinaria parte occidentale dell’Isola (che scrivo e scriverò per un bel pezzo con la maiuscola!!) a pretendere da noi stessi e da chi è preposto ad amministrare la cosa pubblica un autentico cambiamento. Piccoli, ma significativi gesti, individuali e collettivi, di civiltà ambientale possono davvero costituire la differenza e contribuire ad avvalorare la giusta rilevanza culturale del popolo siciliano. E, in fondo, è quella la nostra più grande ambizione. Credere che la nostra Sicilia sia l’Isola più bella al mondo. Basta solo rieducarci al progetto cui abbiamo costantemente creduto. Sì, crederci davvero, senza fare passi falsi nell’oblio. Pertanto, i papaveri, di cui parlavo, sono ammalianti e romantici, non v’è dubbio, ma sono anche, e aggiungo purtroppo, il segnale inequivocabile di un depauperamento ambientale che è sotto la vista di tutti e che denigra l’incanto dei nostri borghi, delle nostre campagne, della nostra splendida terra.
Senza una reale qualificazione del territorio, non si va da nessuna parte. E ritorno sempre al punto di partenza: la pulizia e il decoro delle nostre magnifiche città, dei cosiddetti borghi e delle contrade sono il vincente biglietto da visita che può davvero farci cambiare. E il resto che occorre viene dopo, non possiamo scordarcelo, ma, intanto, cominciamo a cucire davvero una nuova veste alla provincia di Trapani, la provincia che amiamo nel nostro intimo e che sta scolpita nel cuore di tutti noi.
Gioacchino Di Bella
Salemi, 24 giugno 2021
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